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mercoledì 30 marzo 2016



               GESÙ, LA PECCATRICE E IL FARISEO



Riflessione sulla Parabola Gesù la peccatrice e il fariseo (seconda parte)
                                                           (curata da Mirko Perrucci)

Leggendo questo scorcio lucano ci viene anche da immaginare di trovarci in una delle nostre parrocchie, mentre è in atto la visita pastorale del Vescovo. Dopo la celebrazione della Santa Messa siamo tutti riuniti nel salone per festeggiare insieme quando all'improvviso entra una nigeriana, o una donna dell'est Europa o un'albanese, insomma quella donna che tutti conosciamo e abbiamo visto lì, sulla tangenziale, ai bordi della strada. E immaginiamo che, entrando nel salone, si diriga subito verso il Vescovo e inizi a toccargli e baciargli i piedi. Immaginiamo l'imbarazzo totale che si creerebbe? Bene, la stessa cosa accadde a casa di Simone. La donna sta affrontando un pericolo enorme: sa che con il suo gesto insolito si sta esponendo vergognosamente al ludibrio di tutti ma non ha paura di farlo perché molto probabilmente gli avevano detto qualcosa su Gesù che l'ha rassicurata e l'ha convinta a "buttarsi" a fare questa figura. Ci piace pensare che qualcuno le ha riferito che Gesù è diverso, che non era un uomo come tutti gli altri, pronti subito a giudicare. E lei, fidandosi di questa parola, ha rischiato tutto anche perché non aveva niente da perdere. E questo osare è ben ricompensato: Gesù non solo non giudica ma non le rifiuta neanche i suoi piedi.
Vedendo la scena, Simone il fariseo in cuor suo incomincia a tuonare contro Gesù e a giudicarlo per il suo gesto: «Se Costui fosse davvero un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Quante volte anche noi ci ergiamo a giudici degli altri e - cosa assurda - ci compiacciamo del nostro tuonare e giudicare? Ma Gesù è davvero diverso: ama la peccatrice (con tuta la sua vita fatta di precedenti sbagli) ed ama anche Simone (che proprio in quel momento sta sbagliando nel giudicare). 
Gesù allora gli disse: «Simone ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di' pure, maestro». In questo versetto san Luca ci dimostra come Simone sia davvero un "fariseo" quindi un ipocrita: nel suo cuore sta giudicando aspramente sia la donna sia Gesù e, mentre si agita internamente, esternamente fa finta di nulla anzi, proprio come un discepolo ossequioso, risponde alla richiesta di Gesù: «Di' pure, maestro!». 
Davanti a questo chiediamoci se anche noi non corriamo forse il rischio di fare lo stesso errore di Simone. Quante volte ci ergiamo a giudici degli altri classificando e incasellando nei nostri schemi chi ci sta di fronte solo a partire dalle loro azioni? E quante volte coviamo spietatamente giudizi nel nostro cuore facendo invece finta di niente? Gesù invece ci insegna a guardare l'altro prima di tutto come "persona". Gesù ci prende per mano e ci insegna a vedere bene, a vedere con tutti e due gli occhi, a vedere con i suoi occhi, senza essere schivi del nostro punto di vista parziale e limitato che pretende di giudicare tutto e tutti. Con Gesù impariamo a vedere e a vedere bene! Lì dove non riusciamo a vedere altro che male e peccato, Gesù vede la possibilità di conversione. Lì dove i nostri occhi non vedono altro che una prostituta, il Signore vede una donna assetata di amore e perdono. 
A questo punto Gesù racconta la parabola dei due debitori. Facendo le dovute trasposizioni, immaginiamo che il primo debitore era in credito di un milione di euro e l'altro invece di mille euro. Dalla parabola sappiamo che il creditore condona il debito ad entrambi operando ovviamente una sproporzione. Il primo debitore avrà fatto sicuramente i salti di gioia quando il creditore gli ha condonato il debito, avendo nei suoi confronti sentimenti di eterna riconoscenza vista l'entità del condono. Mentre il secondo, il cui debito era di gran lunga minore, avrà certamente ringraziato il creditore, mantenendo tuttavia dentro di se la consapevolezza che, anche se non ci fosse stato il condono, sarebbe riuscito ugualmente a pagare tutto. La situazione che il Maestro pone davanti agli occhi di Simone richiama evidentemente quella che in quel momento stanno vivendo concretamente. E alla domanda di Gesù su chi dei due debitori amerà di più il padrone, egli - quasi accorgendosi che Gesù lo sta conducendo su un campo minato - gli risponde, con la coda tra le gambe: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Qui notiamo la grandezza di Gesù il quale pazientemente gli fa notare che mentre lui si è perso nei grandi discorsi sulla purità e sulla rettitudine morale si è lasciato sfuggire l'essenziale. Simone ha mancato di offrire al suo ospite d'eccezione l'acqua, i baci, l'olio profumato, mentre la peccatrice non si è risparmiata di lavargli i piedi con le lacrime, di baciarli e di cospargerli di profumo. Ella  ha avuto una grande fede e viene perdonata «perché - dice Gesù - ha molto amato». Ha ricavato l'acqua per la lavanda dei piedi dalle sue lacrime, dal suo deserto, dal suo pentimento ed ecco che ha incontrato Gesù, l'acqua viva che ha esaurito finalmente e in modo pieno la sua sete di amore. 
Qual’è la buona notizia che il Signore ci vuole comunicare con questa sua Parola? 
Un primo aspetto importante mi sembra quello riguardante l'atteggiamento farisaico di Simone. Questa Parola illumina la nostra vita facendoci vedere che, anche se a volte non ce ne accorgiamo, una parte del nostro cuore è pagana! E noi molte volte spendiamo gran parte delle nostre energie per mascherarla - proprio come fa Simone con Gesù - affinché nessuno possa riconoscerla. Dobbiamo salvaguardare la nostra immagine, il nostro buon nome, la nostra reputazione. Guai se venissero fuori questi lati più intimi di noi stessi. Al contrario, la prostituta non ha avuto paura di mostrarsi in pubblico e questo ci deve spronare a fare altrettanto perché c'è sempre speranza di convertire anche la parte più idolatra del nostro cuore! Basta che lo vogliamo e che abbiamo il coraggio di metterci in gioco.
Un secondo aspetto, collegato al precedente, è quello che tira in ballo la dicotomia che spesso abbiamo tra ciò che professiamo e ciò che viviamo. Sembra come se la nostra esistenza sia formata da tanti compartimenti stagni che rischiano di non centrare niente l'uno con l'altro. Mentre, quello che professiamo nella nostra fede e che celebriamo in Chiesa deve avere ripercussioni su tutto il nostro vissuto quotidiano. Per dirla con le parole di Prospero di Aquitania: «Lex orandi, lex credendi, lex vivendi». Allora chiediamoci sinceramente: quanto di quello che professo come cristiano lo vivo nel concreto quotidiano? Quanto mi sento spronato ad andare controcorrente, seguendo la logica del Vangelo rispetto ad un mondo e ad una società che va in tutt'altra direzione? La mia fede è abbastanza grande da permettermi questo? So resistere alle logiche di male, di sopruso, di violenza che vanno contro il Vangelo?
In terzo luogo questa Parola ci insegna a chiedere con insistenza al Signore il dono delle lacrime. La peccatrice versa molte lacrime davanti a Gesù – probabilmente per i suoi molti peccati – utilizzando le stesse per lavare i piedi del Maestro. Mentre Simone, da buon fariseo, non versa neanche una lacrima. Infatti gli ipocriti non sanno piangere, hanno dimenticato come si piange, non chiedono il dono delle lacrime. «Se tu non arrivi a versare lacrime sui tuoi peccati, – dice Giovanni Climaco - piangi almeno per non esservi giunto!». E continua: «Le lacrime non hanno forse lavato la prostituta da tutte le sue impurità, non hanno forse permesso a mani impure di toccare non solo i piedi ma anche il capo del Signore? Sì, esse purificano l’anima dalle macchie del peccato e riconfermano nella preghiera il cuore dubbioso. Trasformano la tristezza in gioia e, sgorgando dai nostri occhi di carne, ci orientano alla speranza del cielo. Le lacrime danno alla preghiera le ali, ed essa vola d'un balzo fino al cuore di Dio». Sì, tale rivelazione è frutto di una vera e propria grazia di Dio, che i nostri padri non esitavano a chiedere con insistenza, domandando nel contempo il dono delle lacrime. È significativo a tal proposito che la tradizione orante della Chiesa ha persino originato un apposito formulario del Messale Romano ad petendas lacrimas.
Pertanto in questo anno santo giubilare chiediamo con insistenza al Signore il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia. Ci farà bene farci la domanda: «Io piango? Oppure ho perso le lacrime? Piango di dolore per i miei peccati come la peccatrice? Piango davanti alla sofferenza di un bambino, davanti alla distruzione di una famiglia, davanti a tanta gente che non trova il cammino?».
Infine c'è un ultimo aspetto che vorrei sottolineare prima di concludere. Questa Parola, a mio avviso,  ha anche una pregnante valenza vocazionale. Spesso noi vogliamo meritarci per forza l'amore del Signore. Se Lui mi ama è perché sicuramente a questo amore sono corrisposte le mie opere buone. Questa è una forma di prostituzione dell'amore: io compro l'amore del Signore e se lui mi ama è perché, dopo tutto, me lo sono meritato e guadagnato. Dimentichiamo così che l'amore di Dio è assolutamente gratuito e che lui me lo dona prevenientemente e in maniera sovrabbondante. Dio non ci ama per i nostri meriti, ci ama gratuitamente perché noi possiamo vivere di questo amore, condividerlo e annunciarlo con la nostra vita. E vi faccio una mia confidenza: da questa piccolissima ma al contempo enorme consapevolezza è nata e si fonda la mia vocazione. Proprio l’esperienza fatta in prima persona di essere stato amato e salvato dal Signore Gesù ha innescato in me il desiderio, la ricerca e la voglia di voler corrispondere, seppure in maniera minima rispetto alla sua, a questo Amore travolgente. Invero mi rendo conto ogni giorno di più che il vero tesoro della mia vita è stare nell’amore del Signore e non perdere mai questo amore. Mi sento come uno che ha trovato un grande amore, si sente realmente ricco e sa che questa è la vera perla, che questo è il tesoro della sua vita e non tutte le altre cose che forse ha. Se mi fermo e guardo indietro alla mia vita mi rendo conto di quanta strada abbia fatto e non certo per mio merito ma proprio perché Lui ha avuto misericordia di questo suo figlio insufficiente e lo ha rivestito con lo scudo del suo amore e della sua tenerezza. Insomma, per dirla con le parole del nostro amato Santo Padre Francesco, o meglio di San Beda il Venerabile: «Miserando atque eligendo vidit et ait illi sequere me» - mi ha guardato con sentimento di amore, mi ha scelto e mi ha detto seguimi. Per cui di buon grado faccio mie le parole dell’Apostolo: «Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze perché dimori in me la potenza di Cristo» (2Cor 12, 9b). E mi consola proprio il fatto che il Signore sa operare ed agire anche con strumenti insufficienti. Quando infatti penso alla mia storia non posso fare a meno di riconoscere di come la mia vita sia stata inondata dal fiume in piena della Grazia di Dio, e che quantunque mi sembra di aver compito miglioramenti, in fondo quei progressi li ha compiuti Lui con me, perché nel momento in cui mi ha chiamato mi ha anche donato la forza necessaria per poter rispondere al suo invito. Come posso allora tenere tutto questo per me? Come posso viverlo solo in maniera intima? C’è bisogno di trasmetterlo agli altri, c’è bisogno di comunicare agli altri la bellezza dell’amicizia con lui. È l’esperienza credo più bella che qualcuno possa fare nella sua vita. È un’esperienza che tutti possiamo fare e che auguro di fare a ciascuno di voi e soprattutto ai giovani. Fermiamoci davanti al Signore e facciamo grata memoria della misericordia che Egli ha avuto nei nostri confronti. Cerchiamo di richiamare alla memoria il momento in cui abbiamo fatto l’intima esperienza di essere stati amati da Lui in maniera strabordante, il momento in cui ci siamo sentiti salvati da colui che «ci ha amati e ha dato sé stesso per noi» (Gal 2, 20). E preghiamolo: «Signore, ho percepito il tuo sguardo di misericordia posarsi su di me. Aiutami a conoscere sempre meglio questo sguardo, questo Amore che da alla mia vita un orizzonte nuovo e definitivo!  Aiutami a conoscere tua volontà e ad essere sempre più una cosa sola con la tua volontà! Aiutami a vivere la mia vita non per me stesso, ma a viverla insieme con Te per gli altri! Aiutami a diventare sempre di più Tuo amico!».





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