GESÙ, LA PECCATRICE E IL FARISEO
Riflessione sulla Parabola Gesù la peccatrice e il fariseo (seconda parte)
(curata da Mirko Perrucci)
Leggendo
questo scorcio lucano ci viene anche da immaginare di trovarci in una delle
nostre parrocchie, mentre è in atto la visita pastorale del Vescovo. Dopo la
celebrazione della Santa Messa siamo tutti riuniti nel salone per festeggiare
insieme quando all'improvviso entra una nigeriana, o una donna dell'est Europa
o un'albanese, insomma quella donna che tutti conosciamo e abbiamo visto lì,
sulla tangenziale, ai bordi della strada. E immaginiamo che, entrando nel
salone, si diriga subito verso il Vescovo e inizi a toccargli e baciargli i
piedi. Immaginiamo l'imbarazzo totale che si creerebbe? Bene, la stessa cosa
accadde a casa di Simone. La donna sta affrontando un pericolo enorme: sa che
con il suo gesto insolito si sta esponendo vergognosamente al ludibrio di tutti
ma non ha paura di farlo perché molto probabilmente gli avevano detto qualcosa
su Gesù che l'ha rassicurata e l'ha convinta a "buttarsi" a fare
questa figura. Ci piace pensare che qualcuno le ha riferito che Gesù è diverso,
che non era un uomo come tutti gli altri, pronti subito a giudicare. E lei,
fidandosi di questa parola, ha rischiato tutto anche perché non aveva niente da
perdere. E questo osare è ben ricompensato: Gesù non solo non giudica ma non le
rifiuta neanche i suoi piedi.
Vedendo
la scena, Simone il fariseo in cuor suo incomincia a tuonare contro Gesù e a
giudicarlo per il suo gesto: «Se Costui
fosse davvero un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo
tocca: è una peccatrice!». Quante volte anche noi ci ergiamo a giudici
degli altri e - cosa assurda - ci compiacciamo del nostro tuonare e giudicare?
Ma Gesù è davvero diverso: ama la peccatrice (con tuta la sua
vita fatta di precedenti sbagli) ed ama anche Simone (che proprio in quel
momento sta sbagliando nel giudicare).
Gesù allora gli disse: «Simone ho da dirti
qualcosa». Ed egli rispose: «Di' pure, maestro». In questo versetto san
Luca ci dimostra come Simone sia davvero un "fariseo" quindi un
ipocrita: nel suo cuore sta giudicando aspramente sia la donna sia Gesù e,
mentre si agita internamente, esternamente fa finta di nulla anzi, proprio come
un discepolo ossequioso, risponde alla richiesta di Gesù: «Di' pure, maestro!».
Davanti
a questo chiediamoci se anche noi non corriamo forse il rischio di fare lo
stesso errore di Simone. Quante volte ci ergiamo a giudici degli altri
classificando e incasellando nei nostri schemi chi ci sta di fronte solo a
partire dalle loro azioni? E quante volte coviamo spietatamente giudizi nel
nostro cuore facendo invece finta di niente? Gesù invece ci insegna a guardare
l'altro prima di tutto come "persona". Gesù ci prende per mano e ci
insegna a vedere bene, a vedere con tutti e due gli occhi, a vedere con i suoi
occhi, senza essere schivi del nostro punto di vista parziale e limitato che
pretende di giudicare tutto e tutti. Con Gesù impariamo a vedere e a vedere
bene! Lì dove non riusciamo a vedere altro che male e peccato, Gesù vede la
possibilità di conversione. Lì dove i nostri occhi non vedono altro che una
prostituta, il Signore vede una donna assetata di amore e perdono.
A
questo punto Gesù racconta la parabola dei due debitori. Facendo le dovute
trasposizioni, immaginiamo che il primo debitore era in credito di un milione
di euro e l'altro invece di mille euro. Dalla parabola sappiamo che il
creditore condona il debito ad entrambi operando ovviamente una sproporzione.
Il primo debitore avrà fatto sicuramente i salti di gioia quando il creditore
gli ha condonato il debito, avendo nei suoi confronti sentimenti di eterna
riconoscenza vista l'entità del condono. Mentre il secondo, il cui debito era
di gran lunga minore, avrà certamente ringraziato il creditore, mantenendo
tuttavia dentro di se la consapevolezza che, anche se non ci fosse stato il
condono, sarebbe riuscito ugualmente a pagare tutto. La situazione che il
Maestro pone davanti agli occhi di Simone richiama evidentemente quella che in
quel momento stanno vivendo concretamente. E alla domanda di Gesù su chi dei
due debitori amerà di più il padrone, egli - quasi accorgendosi che Gesù lo sta
conducendo su un campo minato - gli risponde, con la coda tra le gambe: «Suppongo quello a cui ha condonato di più».
Qui notiamo la grandezza di Gesù il quale pazientemente gli fa notare che
mentre lui si è perso nei grandi discorsi sulla purità e sulla rettitudine
morale si è lasciato sfuggire l'essenziale. Simone ha mancato di offrire al suo
ospite d'eccezione l'acqua, i baci, l'olio profumato, mentre la peccatrice non
si è risparmiata di lavargli i piedi con le lacrime, di baciarli e di
cospargerli di profumo. Ella ha avuto una grande
fede e viene perdonata «perché - dice Gesù - ha molto amato». Ha ricavato l'acqua per la lavanda dei piedi dalle
sue lacrime, dal suo deserto, dal suo pentimento ed ecco che ha incontrato
Gesù, l'acqua viva che ha esaurito finalmente e in modo pieno la sua sete di
amore.
Qual’è
la buona notizia che il Signore ci vuole comunicare con questa sua Parola?
Un primo
aspetto importante mi sembra quello riguardante l'atteggiamento farisaico di
Simone. Questa Parola illumina la nostra vita facendoci vedere che, anche se a
volte non ce ne accorgiamo, una parte del nostro cuore è pagana! E noi molte
volte spendiamo gran parte delle nostre energie per mascherarla - proprio come
fa Simone con Gesù - affinché nessuno possa riconoscerla. Dobbiamo
salvaguardare la nostra immagine, il nostro buon nome, la nostra reputazione.
Guai se venissero fuori questi lati più intimi di noi stessi. Al contrario, la
prostituta non ha avuto paura di mostrarsi in pubblico e questo ci deve
spronare a fare altrettanto perché c'è sempre speranza di convertire anche la
parte più idolatra del nostro cuore! Basta che lo vogliamo e che abbiamo il
coraggio di metterci in gioco.
Un secondo
aspetto, collegato al precedente, è quello che tira in ballo la dicotomia che
spesso abbiamo tra ciò che professiamo e ciò che viviamo. Sembra come se la
nostra esistenza sia formata da tanti compartimenti stagni che rischiano di non
centrare niente l'uno con l'altro. Mentre, quello che professiamo nella nostra
fede e che celebriamo in Chiesa deve avere ripercussioni su tutto il nostro
vissuto quotidiano. Per dirla con le parole di Prospero di Aquitania: «Lex orandi, lex credendi, lex vivendi». Allora chiediamoci sinceramente: quanto di quello che professo
come cristiano lo vivo nel concreto quotidiano? Quanto mi sento spronato ad
andare controcorrente, seguendo la logica del Vangelo rispetto ad un mondo e ad
una società che va in tutt'altra direzione? La mia fede è abbastanza grande da
permettermi questo? So resistere alle logiche di male, di sopruso, di violenza
che vanno contro il Vangelo?
In
terzo luogo questa Parola ci insegna a chiedere con insistenza al Signore il dono
delle lacrime. La peccatrice versa molte lacrime davanti a Gesù – probabilmente
per i suoi molti peccati – utilizzando le stesse per lavare i piedi del
Maestro. Mentre Simone, da buon
fariseo, non versa neanche una lacrima. Infatti gli ipocriti non sanno
piangere, hanno dimenticato come si piange, non chiedono il dono delle lacrime. «Se tu non arrivi a versare lacrime sui tuoi
peccati, – dice Giovanni Climaco - piangi
almeno per non esservi giunto!». E continua: «Le lacrime non hanno forse lavato la prostituta
da tutte le sue impurità, non hanno forse permesso a mani impure di
toccare non solo i piedi ma anche il capo del Signore? Sì, esse purificano
l’anima dalle macchie del peccato e riconfermano nella preghiera il cuore
dubbioso. Trasformano la tristezza in gioia e, sgorgando dai nostri
occhi di carne, ci orientano alla speranza del cielo. Le lacrime
danno alla preghiera le ali, ed essa vola d'un balzo fino al cuore di Dio».
Sì, tale rivelazione è frutto di una vera e propria grazia di Dio, che i nostri
padri non esitavano a chiedere con insistenza, domandando nel contempo il dono
delle lacrime. È significativo a tal proposito che la tradizione orante della
Chiesa ha persino originato un apposito formulario del Messale Romano ad petendas lacrimas.
Pertanto in questo anno
santo giubilare chiediamo con insistenza al
Signore il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro
cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia. Ci farà bene
farci la domanda: «Io piango? Oppure ho
perso le lacrime? Piango di dolore per i miei peccati come la peccatrice?
Piango davanti alla sofferenza di un bambino, davanti alla distruzione di una
famiglia, davanti a tanta gente che non trova il cammino?».
Infine
c'è un ultimo aspetto che vorrei sottolineare prima di concludere. Questa
Parola, a mio avviso, ha anche una
pregnante valenza vocazionale. Spesso noi vogliamo meritarci per forza l'amore
del Signore. Se Lui mi ama è perché sicuramente a questo amore sono corrisposte
le mie opere buone. Questa è una forma di prostituzione dell'amore: io compro
l'amore del Signore e se lui mi ama è perché, dopo tutto, me lo sono meritato e
guadagnato. Dimentichiamo così che l'amore di Dio è assolutamente gratuito e
che lui me lo dona prevenientemente e in maniera sovrabbondante. Dio non ci ama
per i nostri meriti, ci ama gratuitamente perché noi possiamo vivere di questo
amore, condividerlo e annunciarlo con la nostra vita. E vi faccio una mia
confidenza: da questa piccolissima ma al contempo enorme consapevolezza è nata
e si fonda la mia vocazione. Proprio l’esperienza fatta in prima persona di
essere stato amato e salvato dal Signore Gesù ha innescato in me il desiderio,
la ricerca e la voglia di voler corrispondere, seppure in maniera minima
rispetto alla sua, a questo Amore travolgente. Invero mi rendo conto
ogni giorno di più che il vero tesoro della mia vita è stare nell’amore del
Signore e non perdere mai questo amore. Mi sento come uno che ha trovato un
grande amore, si sente realmente ricco e sa che questa è la vera perla, che
questo è il tesoro della sua vita e non tutte le altre cose che forse ha. Se mi
fermo e guardo indietro alla mia vita mi rendo conto di quanta strada abbia
fatto e non certo per mio merito ma proprio perché Lui ha avuto misericordia di
questo suo figlio insufficiente e lo ha rivestito con lo scudo del suo amore e
della sua tenerezza. Insomma, per dirla con le parole del nostro amato Santo
Padre Francesco, o meglio di San Beda il Venerabile: «Miserando atque eligendo vidit et ait illi sequere me» - mi ha guardato con sentimento di amore, mi ha scelto e mi ha detto seguimi.
Per cui di buon grado faccio mie le parole dell’Apostolo: «Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze perché dimori in me la
potenza di Cristo» (2Cor 12, 9b). E mi consola proprio il fatto che il
Signore sa operare ed agire anche con strumenti insufficienti. Quando infatti
penso alla mia storia non posso fare a meno di riconoscere di come la mia vita
sia stata inondata dal fiume in piena della Grazia di Dio, e che quantunque mi
sembra di aver compito miglioramenti, in fondo quei progressi li ha compiuti
Lui con me, perché nel momento in cui mi ha chiamato mi ha anche donato la
forza necessaria per poter rispondere al suo invito. Come posso allora tenere
tutto questo per me? Come posso viverlo solo in maniera intima? C’è bisogno di
trasmetterlo agli altri, c’è bisogno di comunicare agli altri la bellezza
dell’amicizia con lui. È l’esperienza credo più bella che qualcuno possa fare
nella sua vita. È un’esperienza che tutti possiamo fare e che auguro di fare a
ciascuno di voi e soprattutto ai giovani. Fermiamoci davanti al Signore e
facciamo grata memoria della misericordia che Egli ha avuto nei nostri
confronti. Cerchiamo di richiamare alla memoria il momento in cui abbiamo fatto
l’intima esperienza di essere stati amati da Lui in maniera strabordante, il
momento in cui ci siamo sentiti salvati da colui che «ci ha amati e ha dato sé stesso per noi» (Gal 2, 20). E
preghiamolo: «Signore, ho percepito il tuo sguardo di misericordia posarsi su
di me. Aiutami a conoscere sempre meglio questo sguardo, questo Amore che da
alla mia vita un orizzonte nuovo e definitivo! Aiutami a conoscere tua volontà e ad essere
sempre più una cosa sola con la tua volontà! Aiutami a vivere la mia vita non
per me stesso, ma a viverla insieme con Te per gli altri! Aiutami a diventare
sempre di più Tuo amico!».
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